It was the longest flight I’ve ever taken. 3 hours and 20 minutes from Copenhagen to Reykjavik, then 6 hours and 5 minutes more to New York.
At first, it just felt like any other holiday trip. It hit me when I saw the words “New York” on the screen at the gate. It really hit me when we were on the bus from the airport to Manhattan, quickly passing by American stores I had only seen or heard of on tv. American flags flying in the wind. Big billboards bought by Law Firms so that, after a car accident, all you need to do is look up and there it is, the magical phone number that will save you. And then, finally, the skyscrapers, crawling from far away into the picture.
Then we walked, from the bus terminal just in front of the New York Times building all the way to our hotel in the financial district. What better way to explore a brand new city than walking through its streets?
Hudson. Chelsea. Tribeca. Broadway. Everywhere I looked I could find a familiar name. Maybe that’s why the city doesn’t feel so scary after you arrive, despite its size. We all know it a bit already, even if we live on the opposite side of the globe. It welcomes you like an old friend you haven’t seen in so long and only talked to on the phone for years.
Now, while writing this, I’m in our hotel room at the 22nd floor. Carl and I just had a great first American breakfast, with cheese omlets, bacon and coffee, and are now ready for the first real day of exploration. I’ve already eyed a bookstore I want to visit. Plus, most of the typical touristy things people do when in New York. 🍎
È stato il volo più lungo della mia vita. 3 ore e 20 minuti da Copenhagen a Reykjavik, poi altre 6 ore e 5 minuti per New York. All’inizio sembrava un viaggio come tutti gli altri.
Ho realizzato quando ho visto le parole "New York" sullo schermo al gate. Ho realizzato davvero quando siamo saliti sull'autobus dall'aeroporto a Manhattan, passando velocemente davanti a negozi americani che avevo visto o sentito nominare solo in televisione. Bandiere americane che sventolavano al vento. Grandi cartelloni pubblicitari acquistati da studi legali affinché, dopo un incidente d'auto, basti alzare lo sguardo per trovare il magico numero di telefono che ti salverà. E poi, finalmente, i grattacieli, che si insinuano da lontano nel panorama.
Poi abbiamo iniziato a camminare, dal terminal degli autobus proprio di fronte all'edificio del New York Times, fino al nostro hotel nel Financial District. Quale modo migliore di esplorare una città nuova se non camminando per le sue strade?
Hudson. Chelsea. Tribeca. Broadway. Ovunque guardassi un nome già sentito si faceva notare. Forse è per questo che la città non fa paura una volta arrivati, nonostante le sue dimensioni. La conosciamo già un po' tutti, anche se viviamo dalla parte opposta del mondo. Ti accoglie come un vecchio amico che non vedi da tanto tempo e con cui hai parlato per anni solo al telefono.
Ora, mentre scrivo, mi trovo nella nostra camera d'albergo al 22° piano. Abbiamo appena fatto la nostra prima colazione all'americana, con omelette al formaggio, bacon e caffè, e siamo pronti per la prima vera giornata di esplorazione. Ho già adocchiato una libreria che voglio visitare. Più, ovviamente, la maggior parte delle tipiche cose turistiche che si fanno appena arrivati a New York. 🍎